Vivere significa fuoriuscire dalle false credenze.

Vivere significa fuoriuscire dalle false verità e dalle false credenze. La vita, in quanto tale, è esodo , passaggio, uscita di sicurezza, movimento teso al recupero integrale del proprio Essere. E ciò è necessario perché la vita è storia e dramma, cioè lotta per la riconquista di qualcosa che viene preso in ostaggio dalle forze esterne, dalle pressioni delle persone, della scuola, dei gruppi, degli amici. Un bambino nasce e già è coinvolto in un processo di influenze assolutamente non controllabili dalla sua psiche appena originata. Si nasce già compromessi con l’ altro, l’ alterità, la differenza che, sempre, vuole penetrare all’ interno dell’ incipiente processo di individuazione del bambino. Così è appena nati, così continua ad essere fino alla tomba. Occorre essere consapevoli di questo fatto testardo: la personalità è tanto più sana quanto più riesce a costruire un’ individualità capace di costruire relazioni e capace di affermarsi nella propria unicità. Ma sempre all’ interno di un impasto magmatico di relazioni e, talvolta, di conflitti. Laing affermava con nettezza: l’ io è diviso. Certamente: l’ io è diviso, ma non impotente di fronte alle contraddizioni interne al suo sviluppo ed alla trama di relazioni con gli altri e con la realtà. Essere persona significa essere un io in azione , una personalità in movimento verso un processo di appropriazione del proprio mondo vitale, senza progetti egotici di competizione selvaggia con gli altri, e tuttavia in costante e tesa dialogicità con ogni frammento di differenza e di alterità. Il filosofo Hubert Jaoui afferma giustamente che questo processo, preso nel suo complesso, equivale alla crescita della persona. Crescere è il verbo-chiave. L’ azione decisiva della vita è crescere: in potenza individuale (cognitiva, percettiva, sensitiva, emozionale ed affettiva), in sapienza (nel senso etimologico: dal verbo latino sàpere, gustare: chi è sapiente gusta in pienezza la vita) ed in semplicità. Ha osservato Jiddu Krishnamurti: “Quando c’ è libertà dalle credenze, c’ è semplicità. Ma questa semplicità richiede intelligenza, e per essere intelligenti bisogna essere consapevoli dei propri impedimenti. Per essere consapevoli, bisogna essere costantemente vigili, non radicarsi in una particolare routine, in un particolare schema di pensiero o di azione. Dopo tutto, ciò che si è internamente influenza il mondo esterno”. La consapevolezza è una realtà indefinibile, che può essere intuita ed infine percepita solo dentro un’ esperienza, al pari dell’ autostima, parente stretta della consapevolezza, forse finanche figlia minore di quest’ ultima, che, a mio avviso, meglio comprende l’ umanità individuale. Proviamo in questi giorni a fare un esperimento facilissimo, quasi banale. Svegliamoci con il nostro solito carico di preoccupazioni e problemi, ma decidiamo di cambiare punto di vista e di considerare queste realtà non più come “problemi” ma come “situazioni” che aprono nuove ed impreviste opportunità. Questa è semplicità pura: la mente divide, la consapevolezza unifica. E’ la mente a dirci: attento, guarda qua, non vedi che problema? Ancora una volta sei caduta in questo errore! Guarda qua! Non riesci, come al solito, anche ieri, infatti hai sbagliato, etc. La mente, come insegna la PNL, programma tutto, ogni nostra convinzione, ed una volta programmata la tal convinzione, essa si incarica di farci andare o verso la felicità o verso il malessere continuo. La Via che conduce alla consapevolezza è la Via della semplicità, la strada della ri-programmazione della mente in vista del benessere. Come? Cambiando il punto di vista sulle solite realtà e sui soliti cosiddetti “problemi”. Ogni “problema”, in realtà, rivela un’ opportunità grande di conoscenza della vita, così grande che vale davvero la pena esplorare questo territorio nuovo. Perché non cominciare prendendo lezione proprio dall’atteggiamento semplice e tremendamente curioso dei bambini? Imparando da loro, si potrà poi aiutare proprio il loro percorso di crescita, perché essi si sentiranno rispecchiati nei comportamenti e negli atteggiamenti percettivi e, dunque, saranno stimolati a seguire la strada indicata dai genitori. Essere genitori non equivale, di per sé, ad essere educatori. Per arrivare ad essere un educatore ed un’ educatrice, occorre fare un percorso e superare molte convinzioni errate e distorte sulla vita e sullo sviluppo della personalità.

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